Qui l’articolo di VVox che annunciava l’arresto di Sergio Vittadello per tangenti : http://www.vvox.it/2016/03/12/tangenti-anas-arrestato-vittadello/«Non posso parlare, se avete bisogno rivolgetevi lunedì mattina nella sede dell’azienda a Limena». L’imprenditore padovano Sergio Vittadello è uscito sulla terrazza del primo piano della sua villa in via Fogazzaro, 18 a Selvazzano e secondo quanto riportato dal Mattino ha risposto in questo modo ai giornalisti che gli hanno appena suonato il campanello.
Per conoscere la sua versione sui recenti fatti di cronaca giudiziaria, che lo vedono da ieri agli arresti domiciliari con l’accusa di aver pagato tangenti per oltre 160 mila euro alla cosiddetta “dama nera”, nell’ambito delle indagini sulle tangenti Anas. Vittadello è titolare della Intercantieri Vittadello Spa, che è oggetto di una verifica fiscale da parte delle fiamme gialle di Padova da oltre un anno.
(Ph. da www.tp24.it)
“Mafia Capitale” faceva affari a Limena: ecco come
Bloccate quote di società padovane riconducibili a Riccardo Mancini, già in carcere su ordine della magistratura capitolina dopo lo scandalo della mafia a Roma di Paolo Baron
PADOVA. L’ombra della Mafia Capitale si allunga anche in Veneto e precisamente in provincia di Padova, a Limena. È qui che i militari coordinati dalla procura di Roma hanno posto sotto sequestro (ai fini di confisca), su ordine del Tribunale capitolino, parti di quote di due società riconducibili a Riccardo Mancini, 56 anni, uno dei personaggi chiave dell’inchiesta sulla cricca che gestiva il malaffare capitolino e nel Lazio e che gli investigatori hanno definito «uomo forte dell’amministrazione comunale romana e, specificatamente, plenipotenziario del sindaco Alemanno, quantomeno in taluni settori dell’amministrazione della cosa pubblica».
Mancini, secondo l’accusa, attraverso il figlio Giovanni Maria, 29 anni, legale rappresentante e socio unico della Società Generale Rifiuti srl con sede a Roma (piazza Sallustio 3), detiene il 40 per cento (per un valore nominale di 4 mila euro su un capitale di 10 mila euro) della Terni Scarl, società con sede a Limena in via Pierobon 46, specializzata nel trattamento dei rifiuti (la cui attività è cessata giusto un mese fa, il 10 novembre scorso) e il 10 per cento della Bellolampo Scarl (1.000 euro di quote per un capitale sociale di 10 mila euro), società consortile con sede a Limena in via Pierobon 46 e che ha come oggetto sociale «la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di realizzazione di un impianto di trattamento meccanico e biologico della frazione residuale e della frazione organica dei rifiuti urbani da realizzare in contrada Bellolampo nel Comune di Palermo». Lavori affidati alle imprese socie consorziate (in un raggruppamento temporaneo di imprese) nel febbraio scorso.
Bellolampo Scarl, tra l’altro, è stata registrata pochi giorni dopo l’affidamento dei lavori e risulta essere di proprietà della Intercantieri Vittadello Spa con sigla Vittadello Spa con sede a Limena in via Pierobon 46 (per il 65%), di Torricelli Srl (15%, sede a Forlì in via Masetti 11/L) e di Loto Impianti Srl (10%, Siracusa via Arsenale 44/46). Proprio la presenza del figlio di Mancini nel consiglio di amministrazione della Scarl di Limena (gli altri consiglieri sono Sebastiano Longo di Siracusa, Marino Poggi di Forli, il presidente del consiglio di amministrazione è Giacomo Calzolari di Bologna, mentre uno dei procuratori speciali è Dario Pangallo, direttore tecnico della Vittadello: nessuno di questi è in alcun modo coinvolto nelle indagini) ha convinto i giudici a firmare la misura di prevenzione patrimoniale antimafia, sottoponendo a sequestro le quote delle due Scarl nel portafoglio della Società Generale Rifiuti Srl. Il 12 gennaio prossimo ci sarà il contraddittorio tra le parti in merito alla misura di prevenzione. Se sarà confermata è possibile che venga nominato un commissario giudiziale per la gestione delle quote sotto sequestro.
Cosa abbia spinto Riccardo Mancini a entrare in società con altre imprese per la costruzione di impianti di trattamento rifiuti e quali siano i rapporti con gli altri soggetti è in questo momento sotto la lente dei carabinieri del Ros di Roma, che conducono le indagini per conto della Procura capitolina. L’ipotesi, tutta da verificare, è che Mafia Capitale avesse cominciato a interessarsi a qualsiasi tipo di business lungo la Penisola. Le carte parlano chiaro: «Riccardo Mancini» è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare «pubblico ufficiale a disposizione dell’associazione, partecipa fornendo uno stabile contributo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, per lo sblocco di pagamenti a favore delle imprese riconducibili all’associazione. Con le aggravanti di essere un’associazione armata e dell’avere finanziato attività economiche controllate con i proventi di delitti».
Riccardo Mancini – arrestato per tentata estorsione, accusato di associazione di tipo mafioso in concorso e conosciuto dalle forze dell’ordine perché negli anni Ottanta è stato destinatario di provvedimenti restrittivi della libertà personale per associazione sovversiva, banda armata (ha militato nei Nar, formazione grazie alla quale ha conosciuto Massimo Carminati) – aveva coinvolto tutta la famiglia nei suoi traffici. Il tribunale, infatti, ha sequestrato, oltre alle quote delle due aziende padovane, terreni, intere società o parti di esse, appartamenti e decine di immobili riconducibili a lui ma intestati al figlio, all’attuale o all’ex moglie, alla madre e a tre diversi prestanome.
Gli investigatori del Ros hanno ricostruito il patrimonio di Riccardo Mancini, confrontato i suoi redditi e quelli del suo nucleo familiare, verificando la “sussistenza di una sperequazione economica” e «accertando una notevole sproporzione tra pur considerevoli redditi percepiti di qualunque natura e il patrimonio accumulato».
Dunque, dopo il caso Aspide, dopo la manleva dei Catapano, ecco nuovamente comparire società in odore di criminalità organizzata penetrate nel tessuto economico veneto e padovano, probabilmente alla
ricerca di coperture sicure perché inconsapevoli da parte dei soci, con la possibilità di mettere mano a nuovi business sfruttando le occasioni che questo territorio offre anche in periodi di forte crisi. L’attenzione su questo tipo di fenomeno, a quanto pare, non è mai sufficientemente alta.