Pfas, M5S: scoperte nuove sostanze cancerogene nell’acqua che beviamo
Pfas, M5S: scoperte nuove sostanze cancerogene nell’acqua che beviamo
Di Redazione VicenzaPiù | ieri alle 15:15 | 0 commenti
Grazie all’accesso agli atti effettuato dal Consigliere regionale M5S Manuel Brusco scopriamo che le analisi su campioni di uova, pesci, bovini, insalata e ortaggi hanno confermato ciò che tutti temevano: gran parte del Veneto centrale è inquinata fortemente dalle sostanze perflouoro-alchiliche (PFAS), largamente usate nell’industria per impermeabilizzare tessuti e materie plastiche. I valori vanno fino a 57 microgrammi per chilogrammo.
Ma il problema va perfino oltre, secondo le nostre ultime scoperte.
In una relazione Arpav del 24.08.2015, riguardante il funzionamento della barriera idraulica costruita dalla Miteni a Trissino (VI) per contenere l’inquinamento dei PFAS nella falda, si legge che “non sembrerebbe evidente una significativa riduzione della concentrazione dei composti perfluoroalchilici a valle della barriera idraulica”. Da questa affermazione è difficile pensare ad un miglioramento della situazione, specialmente se si considera che le ultime analisi risalgono a febbraio/marzo 2015 e che il periodo primavera/estate 2015 non è stato particolarmente piovoso.
Oltre ai famosi PFAS, nella falda sotto il sito della Miteni si riscontra la presenza DI ALTRE SOSTANZE che meritano attenzione. Trattasi di solventi clorurati (CLOROFORMIO, TRICLOROETILENE, comunemente conosciuto come trielina, TETRACLOROETILENE, TRICLOROMETANO, DICLOROPROPANO), metalli (ALLUMINIO, FERRO), clorobenzeni (1,4-DICLORO-BENZENE). Non tutte queste sostanze sono state ricercate in ogni campagna analitica, tuttavia hanno superato più volte i limiti di CSC (concentrazione soglia contaminazione) per le acque in falda nel periodo dal giugno 2013 al febbraio 2015.
Vista la presenza di questi composti, il problema andrebbe quindi oltre i PFAS. Il dato certo è che questo provvedimento di emergenza (messa in sicurezza d’emergenza per l’esattezza) adottato attraverso le barriere idrauliche per (in teoria) evitare che altro contaminante già in falda si propaghi fuori dal sito inquinato della Miteni, dovrà funzionare per anni e sicuramente meglio di come funziona ora.
Se per i PFAS non è ancora stato completato in Italia uno studio epidemiologico che ne determini la reale tossicità o addirittura cancerogenicità, anche se va ricordato il caso DuPont in America, quest’affermazione non vale per alcuni degli altri composti che sono già accertati come SOSPETTI CANCEROGENI.
Come se non bastasse, l’Istituto Superiore di Sanità ha scorporato e aumentato i limiti per due composti che prima erano raggruppati con gli “altri PFAS” e, precisamente, gli equivalenti di PFOA e PFAS a quattro atomi chiamati PFBA e PFBS assegnando a ciascuno un valore limite di 500ng/l. L’impressione che abbiamo è che, viste le difficoltà ad abbattere questi composti a catena corta, per non costringere alcuni comuni a spese esorbitanti per il filtraggio e per non bloccare l’attività industriale della Miteni, che il “caso” vuole abbia spostato l’attuale produzione proprio su composti a quattro atomi, si sia optato per l’aumento dei limiti di fatto triplicandoli da 500 a 1500ng/l.
I PFAS a catena corta (PFBA e PFBS) sono meno persistenti sia nell’ambiente sia nell’uomo. Ma questi composti a catena corta sono per certi aspetti più dannosi perché più reattivi (come già accaduto in altri casi d’inquinamento nel passato, non si può prevedere come si possano combinare con altre sostanze già presenti nell’ambiente) e molto più difficili da trattenere dai filtri utilizzati per la purificazione dell’acqua. Inoltre, come dimostrato dallo stupore espresso a metà ottobre 2015 da un gestore delle acque, i filtri normalmente sostituiti ogni otto mesi ora ne durano solo tre dimostrando una consistente riduzione della loro efficacia (circa 1/3 del tempo) col conseguente triplicamento dei già alti costi per i cittadini.
Se non fossero sufficienti queste novità, si aggiungono anche le analisi su ortaggi e animali delle ULLS del Veneto interessate da questo inquinamento, da cui si evince che nelle uova di gallina, nel pesce e nell’insalata mista i PFAS si concentrano significativamente.
Chiediamo chiarimenti nei risultati del monitoraggio degli alimenti e in particolare per alcuni campioni risultati contaminati dove nella nota di riferimento compare alimentati con “acquedotto o allacciamento all’acquedotto”. Da questo si evince che gli animali sono stati abbeverati con acqua purificata dell’acquedotto. Abbiamo tre esempi: uova di gallina a Megliadino San Fidenzio (PD), fagiano a Minerbe (VR), fegato di bovino a Sovizzo (VI) che presentano alte concentrazioni di questi inquinanti.
Dal nostro punto di vista i casi sono due:
Nonostante l’enorme impegno tecnico ed economico dei gestori degli acquedotti con l’introduzione dei filtri a carboni attivi non si riesce ad arrivare al totale abbattimento delle sostanze.
Se i filtri funzionano, si riscontra comunque un notevole accumulo di tali composti negli animali e prodotti alimentari.
La conseguente domanda è: cosa succede nell’uomo?
E, a questo proposito, ci preoccupano le dichiarazioni dei medici per l’ambiente (ISDE) che sottolineano come i PFAS, anche se assunti in dosi modestissime ma continue, possono costituire un pericolo per la nostra salute ed in particolare per i bambini.
In definitiva possiamo continuare ad abbeverare gli animali, che poi entrano nella nostra catena alimentare, con l’acqua dell’acquedotto? Possiamo continuare a berla anche noi quell’acqua?
In data 18 marzo 2015 come M5S abbiamo presentato un esposto alle Procure di Vicenza, di Verona e di Padova dove riportavamo il rischio per la salute, la provenienza di questo inquinamento, il costo a carico della collettività per il filtraggio e le notizie storiche dell’inquinamento che parte dagli anni ’70, facendo notare che la Miteni produceva il PFOA a un costo sei volte inferiore a quello sostenuto dalla DuPont. Abbiamo inoltre chiesto al Procuratore da quanto tempo i vari enti locali, le ULLS e l’Arpav fossero a conoscenza di questo inquinamento. Dalle notizie storiche si evince che sicuramente qualcuno ne era a conoscenza almeno dagli anni ’70. Cosa si è fatto per impedirne la propagazione nell’ambiente e, eventualmente la produzione? Ad oggi non abbiamo ricevuto nessuna notizia dalle Procure.
A distanza di più di due anni non si è ancora fatta chiarezza sulla questione PFAS e soprattutto non si è presa una posizione chiara con la ditta responsabile della contaminazione. A questo punto sorgono tutta una serie di domande:
– Quanto dovranno ancora aspettare i cittadini per vedere pienamente tutelata la loro salute?
– Viste le notizie che abbiamo recuperato, chi tiene informati i cittadini sull’andamento della “bonifica”?
– Chi sta vigilando e monitorando le azioni correttive?
– A che punto sono le analisi sul sangue dei cittadini della zona interessata?
– E’ stato eseguito uno studio epidemiologico sulle popolazioni esposte? Se si, perché non vengono divulgati i risultati? Se non è stato svolto deve essere condotto al più presto.
– Alla luce dei dati non è forse il caso di dichiarare l’emergenza ambientale e sanitaria e chiedere fondi per eseguire studi ancora più approfonditi?
Il problema è allargato non solo all’uomo ma anche all’economia: senza qualità dell’ambiente anche i prodotti agricoli saranno inquinati e dannosi per il nostro organismo. L’Italia è famosa nel mondo per il suo cibo. Un territorio contaminato produce cibo contaminato. Se non conserviamo la qualità del nostro ambiente, non conserveremo il valore aggiunto che rende il nostro cibo così speciale. E tra comprare un pomodoro italiano e un pomodoro cinese non ci sarà più così tanta differenza.
A gennaio 2014 abbiamo presentato una interrogazione parlamentare ai Ministri dell’ambiente e della salute. Il Ministro dell’ambiente rispose che “entro l’estate del 2014 si sarebbe dovuti pervenire alla definizione degli standard di qualità ambientale, per parte dei composti fluorurati”. Ma non successe nulla. Abbiamo dunque presentato una nuova interrogazione, chiedendo un aggiornamento sulla determinazione degli standard, senza ottenere risposta. La gravità della situazione sembra essere inversamente proporzionale all’interesse prestato dai Ministri all’Ambiente e alla Salute, rispetto a questo gravissimo problema ambientale che, per dimensioni e pericolosità, ha assunto la connotazione di un vero disastro. Una terza interrogazione verrà presentata a breve, sul problema della tutela della salute dei cittadini, residenti nelle zone coinvolte.
Noi seguiremo la situazione al nostro meglio. Confidiamo che anche gli enti preposti non abbassino l’attenzione e pongano argine all’inquinamento delle falde.
Enrico Cappelletti (Senato)
Alberto Zolezzi (Camera)
Roberto Castiglion (Sindaco di Sarego)e la sua giunta
Sonia Perenzoni (consigliere comunale Montecchio Maggiore)
Manuel Brusco (consigliere regionale commissione ambiente)
Jacopo Berti (capogruppo M5S Regione Veneto)
Marco Zullo (europarlamentare M5S commissione agricoltura)