Pfas e diossina, dubbi non diminuiscono: aumentano
Pfas e diossina, dubbi non diminuiscono: aumentano
Secondo i critici, i provvedienti presi da Zaia sono insufficienti. E l’atteggiamento delle Procure non é chiaro
Come si sta muovendo la giunta Zaia dopo l’esplosione del caso Pfas? Il giudizio più feroce, ma circostanziato, io è quello del consigliere regionale Andrea Zanoni (Pd) che senza tanti giri di parole accusa Zaia così: «la montagna ha partorito un topolino». Un sorcio, verrebbe da dire vista la pericolosità delle sostanze immesse per anni nelle falde acquifere della spalla centro-occidentale del Veneto, lungo l’asta dell’Agno Guà Fratta Gorzone. Dopo le clamorose rivelazioni contenute di un verbale della commissione Pfas in cui i massimi dirigenti si accusavano l’un l’altro di ogni tipo di inerzia e incompetenza, è possibile che la giunta non chiami i suoi stessi dirigenti a rispondere? Possibile che dopo tanto clamore Zaia e soci si limitino a dire, alla grossa, “rifacciamo i test sui cibi visto che quelli che abbiamo fatto sino ad oggi non valgono nulla”?
L’altra questione l’ha sollevata il M5S puntando l’indice contro la Procura della Repubblica di Vicenza. Secondo il Fatto Quotidiano, se da una parte il procuratore Antonino Cappelleri parla di inchiesta archiviata sul caso dei venefici Pfas, il sostenuto Luigi Salvadori lo smentisce sostenendo che il fascicolo sia ancora aperto. Chi ha ragione dei due? Sarà importante capire, inoltre, come si sta comportando o come si comporterà nell’ambito della medesima vicenda la procura di Venezia. Le inerzie descritte nel famoso verbale Russo trapelato a fine febbraio dipingono fattispecie in limine col codice penale. E siccome eventuali reati commessi dai dirigenti regionali sono competenza della procura lagunare, quest’ultima sarebbe chiamata a indagare. «Ad oggi – attacca Sonia Perenzoni, consigliere comunale di Montecchio Maggiore, uno dei comuni berici potenzialmente interessato dal problema pfas – è stato perso più di un anno. È stato speso mezzo milione di euro per poi avere delle analisi che bisogna rifare».
I prossimi giorni saranno cruciali per capire se la Regione intenda muoversi con maggior decisione o se semplicemente cercherà di abbassare il profilo. A Palazzo Balbi, infatti, sono obbligati a fare i conti (e la cosa non è ancora avvenuta), con la dura relazione che in merito alla vicenda Pfas ha inviato l’Istituto Superiore di Sanità a Zaia & C. «In quella relazione – tuona Zanoni – sta scritto che con le concentrazioni riscontrate verrebbe consentita, per pesci e uova, l’assunzione di Pfas in quantità superiore alla dose minima consentita dagli studia della agenzia ambientale europea, la Efsa».
Ma non ci sono solo i Pfas: c’é anche la questione diossina. Se i primi sono riconosciuti come assai tossici (benché non è ancora completamente dimostrato siano cancerogeni), sulla diossina è accertato che sopra soglie minime è altamente cancerogena. Ed é anche di diossina che si parla nel famoso verbale Russo. Ora se la commissione stava affrontando i problemi dell’Ovest Vicentino, cos’altro potrebbe saltare fuori dai cassetti dell’amministrazione regionale? Proprio nell’Ovest Vicentino si trovano tre industrie, Zambon Lonigo, Fis Montecchio e la Miteni Trissino (coinvolta nel caso Pfas), dotate di impianti che hanno fatto domandare se per caso non siano a rischio emissione diossina.
E ancora: quanto pesa nell’inquinamento dell’asta Agno Guà Fratta il peso dell’enorme polo conciario del comprensorio Agno Chiampo? La somma di tre matrici inquinanti sono state più volte prese in considerazione dai comitati locali, ma la Regione non ha mai prodotto approfondimenti completi. Non è mai stato fatto, per essere chiari, uno studio epidemiologico come dio comanda. Sarebbe ora di prendere seriamente in mano queste e le altre questioni. Onde evitare l’accusa di sottovalutare i possibili rischi per la salute pubblica. Che possono potenzialmente finire sulla nostra tavola.
L’altra questione l’ha sollevata il M5S puntando l’indice contro la Procura della Repubblica di Vicenza. Secondo il Fatto Quotidiano, se da una parte il procuratore Antonino Cappelleri parla di inchiesta archiviata sul caso dei venefici Pfas, il sostenuto Luigi Salvadori lo smentisce sostenendo che il fascicolo sia ancora aperto. Chi ha ragione dei due? Sarà importante capire, inoltre, come si sta comportando o come si comporterà nell’ambito della medesima vicenda la procura di Venezia. Le inerzie descritte nel famoso verbale Russo trapelato a fine febbraio dipingono fattispecie in limine col codice penale. E siccome eventuali reati commessi dai dirigenti regionali sono competenza della procura lagunare, quest’ultima sarebbe chiamata a indagare. «Ad oggi – attacca Sonia Perenzoni, consigliere comunale di Montecchio Maggiore, uno dei comuni berici potenzialmente interessato dal problema pfas – è stato perso più di un anno. È stato speso mezzo milione di euro per poi avere delle analisi che bisogna rifare».
I prossimi giorni saranno cruciali per capire se la Regione intenda muoversi con maggior decisione o se semplicemente cercherà di abbassare il profilo. A Palazzo Balbi, infatti, sono obbligati a fare i conti (e la cosa non è ancora avvenuta), con la dura relazione che in merito alla vicenda Pfas ha inviato l’Istituto Superiore di Sanità a Zaia & C. «In quella relazione – tuona Zanoni – sta scritto che con le concentrazioni riscontrate verrebbe consentita, per pesci e uova, l’assunzione di Pfas in quantità superiore alla dose minima consentita dagli studia della agenzia ambientale europea, la Efsa».
Ma non ci sono solo i Pfas: c’é anche la questione diossina. Se i primi sono riconosciuti come assai tossici (benché non è ancora completamente dimostrato siano cancerogeni), sulla diossina è accertato che sopra soglie minime è altamente cancerogena. Ed é anche di diossina che si parla nel famoso verbale Russo. Ora se la commissione stava affrontando i problemi dell’Ovest Vicentino, cos’altro potrebbe saltare fuori dai cassetti dell’amministrazione regionale? Proprio nell’Ovest Vicentino si trovano tre industrie, Zambon Lonigo, Fis Montecchio e la Miteni Trissino (coinvolta nel caso Pfas), dotate di impianti che hanno fatto domandare se per caso non siano a rischio emissione diossina.
E ancora: quanto pesa nell’inquinamento dell’asta Agno Guà Fratta il peso dell’enorme polo conciario del comprensorio Agno Chiampo? La somma di tre matrici inquinanti sono state più volte prese in considerazione dai comitati locali, ma la Regione non ha mai prodotto approfondimenti completi. Non è mai stato fatto, per essere chiari, uno studio epidemiologico come dio comanda. Sarebbe ora di prendere seriamente in mano queste e le altre questioni. Onde evitare l’accusa di sottovalutare i possibili rischi per la salute pubblica. Che possono potenzialmente finire sulla nostra tavola.