Pfas, il pm di Vicenza ieri in commissione Ecomafie: «Rischi ancora alti». Ipotesi indagine epidemiologica ‘indipendente’
di Filippo Tosatto, dal Mattino di Padova. Sono tre le inchieste giudiziarie avviate sull’inquinamento dei territori vicentini e padovani contaminati dai Pfas, le sostanze perfluoroalchemiche di derivazione industriale penetrate dapprima nelle falde acquifere e quindi nel sangue della popolazione residente. L’ha rivelato il procuratore capo della Repubblica di Vicenza, Antonino Cappelleri, comparso in audizione alla Commissione parlamentare ecomafie. I capi di imputazione ipotizzati spaziano dall’alterazione al disastro ambientale e un procedimento investe direttamente Miteni spa, la multinazionale di Trissino finita nell’occhio del ciclone dopo i sopralluoghi di Arpav e Cnr: indicata da più parti come fonte principale dell’inquinamento, l’azienda – pur respingendo ogni addebito – ha provveduto a rafforzare e modernizzare i sistemi di filtraggio degli scarichi, tuttavia, ha affermato Cappelleri, nonostante i progressi compiuti la qualità raggiunta dalla depurazione «non è ancora del tutto sufficiente». Il caso dell’archiviazione del primo esposto Arpav E a tutt’oggi il 97% delle sostanze Pfas sotto accusa proviene da Trissino, pur trattandosi di molecole a 4 atomi di carbonio, più invasivi dei composti originari a 8 ma fortunatamente assai meno vocati all’accumulo nel circolo sanguigno, tanto che il loro tempo di smaltimento è stimato in una quindicina di giorni a fronte dei 4-5 anni richiesti in precedenza. In fase di discussione, la capogruppo del Pd in commissione, Laura Puppato ha chiesto al procuratore se corrispondesse al vero l’avvenuta archiviazione di un esposto contro Miteni trasmesso tre anni fa dall’Arpav alla Procura (un atto definito «incomprensibile» dal dossier 2015 sul Veneto elaborato dalla stessa commissione) e Cappelleri ha confermato il punto, lamentando l’assenza di una legge nazionale che fissi con chiarezza i limiti consentiti di concentrazione dei Pfas e quindi consenta di perseguire penalmente i trasgressori: «Siamo in presenza di atti riprovevoli», le parole del procuratore «ma noi dobbiamo valutarli sotto il profilo penale e verificare l’esistenza o meno del reato. In ogni caso, i materiali contenuti nell’esposto sono tuttora disponibili e potranno essere acquisiti». Ipotesi di un’indagine epidemiologica “indipendente” Un altro capitolo investe l’attività di biomonitoraggio sulla popolazione esposta – a vario titolo, 250 mila persone – per verificare gli effetti nel tempo della contaminazione; in proposito Puppato, senatrice di Montebelluna e ambientalista di lungo corso, ha imputato «gravi ritardi» all’amministrazione veneta. «È evidente che la Regione ha sottovalutato la dimensione del problema e ora, in perfetto stile Zaia, allontana da sé il calice amaro scaricando colpe e responsabilità su altri, per fortuna il Cnr ha agito con tempestività ed efficacia», dichiarerà all’uscita dall’aula – mentre il procuratore Cappelleri ha ventilato l’opportunità di un’indagine epidemiologica “indipendente” affidata ad un organismo scientifico internazionale, pur precisando che, «a fronte delle denunce di singoli e di soggetti politici, non siamo in presenza di un’epidemia conclamata». I lavoratori Miteni: no a strumentalizzazioni Sul caso, infine, prendono posizione i lavoratori dello stabilimento Miteni: «Respingiamo le strumentalizzazioni», è la nota diffusa da Cgil-Cisl-Uil «noi abbiamo lavorato queste sostanze in un quadro di controllo, di monitoraggio sanitario a cura dei servizi aziendali preposti e dal medico di fabbrica, oggi comprendiamo i timori di tanti cittadini ma i primi ad essere interessati a conoscere ogni nuovo o aggiornato studio dell’effetto dei Pfas sulla salute, siamo noi». Il Mattino di Padova – 13 maggio 2016 |