Pfas, acquedotti sicuri
solo fra cinque anni

L’ultima manifestazione dei comitati contro gli Pfas

L’ultima manifestazione dei comitati contro gli Pfas

L’approvvigionamento con acque non inquinate da Pfas degli acquedotti di Albaredo, Arcole, Veronella, Zimella, Cologna, Bonavigo, Minerbe, Pressana, Roveredo, Legnago, Boschi Sant’Anna, Bevilacqua e Terrazzo è ora possibile dal punto di vista burocratico, ma questa operazione non può essere completata prima del 2022. E questo è possibile soltanto a patto che i molti soldi necessari per effettuare l’operazione, si tratta di un centinaio di milioni di euro, siano disponibili da subito.
La complicata partita legata agli interventi concreti per bloccare la contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche delle acque che interessa l’area tra Verona, Vicenza e Padova, insomma, non finirà certo domani. A confermarlo è il presidente dell’autorità d’ambito veronese del servizio idrico integrato Mauro Martelli.
«Il tavolo tecnico fra le Ato dell’area interessata dalla contaminazione ha previsto un piano di interventi complessivo di 230 milioni di euro, anche se la priorità è quella di garantire acqua pulita per le reti dell’area maggiormente esposta all’inquinamento», spiega. Un’operazione che potrà essere effettuata utilizzando gli 80 milioni di euro deliberati per questo dal Comitato interministeriale per la programmazione economica a inizio del dicembre scorso: «Secondo quanto viene riportato da Roma quei soldi dovrebbero essere praticamente disponibili fra un paio di mesi», afferma Martelli. Altri 18 milioni dovrebbe metterli la società regionale Veneto Acqua.
Le priorità sono quelle di arrivare a servire il campo pozzi che Acque Veronesi ha ad Almisano, Vicenza, con acqua proveniente in parte dalla zona di Caldiero e Belfiore, per mezzo di una condotta lunga più di 30 chilometri che sarebbe a servizio anche di San Bonifacio, ed in parte dalle sorgenti del fiume Brenta. «Le cifre di cui si sta parlando permettono di realizzare questa operazione, per il cui completamento servono circa cinque anni», precisa Martelli.
Se il presidente dell’Ato Veronese ora si dice più ottimista di qualche tempo fa rispetto al finanziamento di questi interventi, è grazie anche alla firma avvenuta mercoledì pomeriggio a Venezia dell’intesa integrativa all’accordo di programma per il disinquinamento del fiume Fratta-Gorzone.
Quel testo permette di recuperare 23 milioni che erano già stati stanziati dal ministero dell’Ambiente, ma che non erano stati spesi e consentirà di realizzare, grazie anche ad un cofinanziamento della società di gestione del servizio idrico vicentina Acque del Chiampo, miglioramenti dei depuratori di Arzignano e Montebello, nonché un impianto di gassificazione dei fanghi residui dei processi di depurazione.
«Non c’è un euro per i Pfas ma quell’accordo, oltre a consentire un miglioramento delle acque reflue che finiscono nel veronese, è propedeutico alla realizzazione della nuova intesa relativa al trasferimento dell’approvvigionamento degli acquedotti», spiega Martelli.
Il fatto che sia stato deciso che è a quell’accordo che verrà collegata l’intesa sugli interventi da fare per i Pfas – per accorciare, si fa per dire, i tempi, fa in effetti dire al sindaco di Cologna Manuel Scalzotto: «Con la firma dell’accordo abbiamo fatto un piccolo ma significativo passo verso il miglioramento ambientale».
Intanto, da una parte l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin ha rinfocolato la polemica con il presidente della Commissione parlamentare Ecomafie Alessandro Bratti, definendo «sconcertanti» le sue dichiarazioni in merito all’intervento della Regione sull’emergenza-Pfas, mentre in Regione i tosiani Giovanna Negro, Stefano Casali, Andrea Bassi e Maurizio Conte hanno chiesto con un’interrogazione controlli a più vasto raggio, e Cristina Guarda, di Moretti presidente, afferma che la Giunta sta assumendo atteggiamenti «confusi e contraddittori tra di loro».

Luca Fiorin