Sulla questione Pfas , dopo la divulgazione dei dati del biomonitoraggio sulla popolazione è un continuo fluire di informazioni sui quaranta anni di inquinamento ambientale del Veneto dovuto al suo modello produttivo.Oltre alle informazioni ci sono i commenti degli esperti.Sul Corriere del Veneto del 24/04 /16 vi è l’opinione del sociologo della scienza MASSIMILIANO BUCCHI, fondatore di Observa, che ha curato per il distretto conciario vicentino il progetto Parco riguradante il tema gassificatore dei fanghi.Bucchi centra il punto sullo sviluppo del Veneto quando scrive:” negli anni cinquanta e sessanta periodo a cui ripensiamo talvolta con compiacente nostalgia l’urgenza di riscattarsi dalla miseria morale e materiale caratterizzò uno sviluppo che non si curava troppo delle proprie conseguenze. Ambiente, qualità della vita, sostenibilità erano parole ancora sconosciute. Si faceva si costruiva a testa bassa, lasciando più o meno incosapevolmente alle future generazioni il compito di raccogliere i cocci e i veleni lasciati per strada. Erano gli anni così vuole la leggenda in cui ENRICO MATTEI, scoperchiava nottetempo il territorio dei comuni iganri per stendere i gasdotti. I limiti di questo sviluppo cominciarono ad essere evidenti all’opinione pubblica nei decenni successivi….”. BUCCHI prosegue: ” oggi viviamo in una “società del rischio”, che la tro non è che una società consapevole di non avere più un ” fuori” in cui smaltire i propri rifiuti e in generale le conesguenze indesiderate delle proprie azioni…”. BUCCHI nel suo editoriale dice una cosa semplicissima:” l’acqua che inquiniamo oggi è quella che non stessi berremo domani. Sviluppo oggi significa o dovrebbe significare-benessere non solo crescita materiale. Ma quell’acqua “inquinata” non ci dice solo qualcosa di preoccupante sulla nostra salute, ci dice che le nostre idee sono ancora ferme a metà del secolo scorso….”. è a questo punto che BUCCHI tocca il tema sempre sottotraccia quando si parla di ambiente e di disastri ambientali causati dai processi produttivi del modo di produzione capitalistico. Scrive BUCCHI:” basti pensare alla retorica dilagante, buona per ogni questione, della “tutela dei posti di lavoro”. per cui le cose andrebbero fatte o non fatte per il solo motivo che creano o salvaguardano posti di lavoro….”. Poi BUCCHI esprime un concetto che dovrebbe porre dei quesiti sia al singolo cittadino/a che alle istituzioni a cui i cittadini/e delegano la regolamentazione della vita politica-sociale- economica:” è stupefacente come nessuno abbia il coraggio di dire che è il lavoratore , più che il posto di lavoro che và salvaguardato, e prima di tutto in quanto essere umano. E se il lavoratore poi tornato a casa beve acqua cancerogena, mantenergli il posto di lavoro serve a ben poco….”. BUCCHI per rendere più comprensibile il suo pensiero fà degli esempi concreti:” mettiamo che si trovino domani efficaci metodi di cura o di assistenza per anziani affetti da patologie come l’Alzheimer. Questo inevitabilmente farà perdere alcuni posti di lavoro come le badanti: dobbiamo per questo arrestare la ricera medica? Non avremmo i treni, perchè è indubbio che abbiamo tolto posti di lavoro a chi conduceva le carrozze trainate dai cavalli….”. BUCCCHI conclude la sua riflessione con una domanda:”Non sarebbe invece meglio chiedersi se certe attività, se certi metodi produttivi, oltre a creare o mantenere posti di lavoro, siano oggi sensati e sostenibili?. Per noi e i nostri figli, perchè l’acqua che beviamo ogni giorno non abbia il sapore amaro- oltre che rischioso- di una sconfitta morale e culturale”. Insomma la riflessione del professor BUCCHI, dovrebbe aprire un dibattito nel mondo della politica, dell’economia, del sindacato, dei movimenti civici di cittadini/e, finendola con le risse nelle ormai stantie trasmissioni televisive e radiofoniche, forse buone per fare ascolti, ma non a produrre passi avanti su questi drammatici temi: ambiente salute, lavoro.