Blog di Vincenzo Cordiano
domenica 8 febbraio 2015
I PFAS hanno fatto male alle popolazioni venete anche a concentrazioni inferiori ai limiti stabilito dal ministero
L’indagine epidemiologica sulla mortalità delle popolazioni venete esposte ai PFAS, da me commissionata ad un gruppo di ricercatori indipendenti, si è finalmente conclusa. I ricercatori hanno analizzato le schede Istat compilate dai medici ogni qualvolta si accerta un decesso. L’analisi interessa un periodo di trent’anni, dal 1980 al 2009.
Utilizzando i dati ufficiali dei campionamenti ARPAV nei comuni del Veneto, è stata valutata la mortalità per diverse malattie nei comuni nelle cui acque potabili NON sono state riscontrate le sostanze perfluoalchiliche (comuni a zero PFAS, o gruppo primo) rispetto a quelli con concentrazioni variabili da uno a 495 ng (gruppo 2 o comuni con concentrazioni intermedie di PFAS) e, infine comuni con concentrazioni nell’acqua potabile di PFAS superiori a 500 ng/litro (gruppo tre, comuni con elevate concentrazioni di PFAS).
I risultati saranno presentati dettagliatamente il 26 febbraio a Cologna Veneta dal dottor Edoardo Bai, che assieme alla dottoressa Maria Mastrantonio dell’Enea e al dottor Paolo Crosignani, già direttore della UO OCCAM (Occupational Cancer’Monitoring) dell’Istituto tumori di Milano, ha realizzato lo studio.
Risultati
Nei comuni del gruppo tre rispetto a quelli del gruppo primo è stato osservato negli uomini un aumento statisticamente significativo della mortalità per diabete e per malattie dell’apparato genito-urinario. Un eccesso di mortalità, anche se al limite della significatività statistica, era presente nel periodo considerato dei maschi anche per linfomi non Hodgkin, tumori del fegato e delle vie biliari, tumori della mammella e del testicolo.
Nelle donne del gruppo tre rispetto a quelle del gruppo primo è stato evidenziato un aumento statisticamente significativo della mortalità per diabete ed infarto acuto del miocardio, mentre aumenti statisticamente non significativi sono stati anche osservati per: la malattia di Alzheimer, le malattie dell’apparato genito-urinario, il morbo di Parkinson, i tumori del fegato e delle vie biliari, il tumore della mammella, i tumori dell’ovaio, il tumore dei reni e degli altri organi urinari.
Comunicandomi i risultati preliminari nello studio, uno dei ricercatori mi ha chiesto se sono felice. Gli ho risposto che da un punto di vista umano e professionale possa anche essere “felice”, dal momento che erano risultati che in parte mi attendevo, come dimostrano numerosi interventi pubblici e gli scritti sul mio blog, per esempio vedi qua. I risultati di questo studio mi riparano delle numerose offese e insinuazioni compiute da colleghi sindaci che mi hanno accusato pubblicamente di essere un terrorista ambientale, di turbare l’opinione pubblica e di diffondere dati falsi prive di fondamento scientifico.
Non sono affatto felice se penso alle centinaia di morti causate dalle sostanze perfluoroalchiliche immesse per decenni nell’acqua potabile fornita ad oltre 300.000 persone e negli alimenti ingeriti potenzialmente da milioni di persone.
I dati elaborati dai suddetti ricercatori indipendenti, sono importanti, dal mio punto di vista anche perché confermano che queste sostanze possono anche essere pericolosa per la salute umana a concentrazioni inferiori ai cosiddetti limiti obiettivo o di “performance” stabiliti dal ministero per la salute. Pertanto, a mio parere, l’unico valore consentito per il PFAS dell’acqua potabile è 0 (zero) e i sindaci devono immediatamente sospendere l’erogazione dell’acqua potabile contenente anche tracce di PFAS, questo per il principio di precauzione e di prevenzione.
Parafrasando Galileo Galilei che diceva “il sonar l’organo non s’impara da quelli che sanno far organi, ma da chi gli sa sonar”, la difesa della salute dei cittadini si impara frequentando chi tale salute la difende tutti i giorni e che continua ad essere Medico anche una volta smesso il camice e termianto il suo orario di lavoro nell’azienda pubblica presso la quale lavora.
Detto questo, diventa ora ancora più importante che tutti i cittadini partecipano all’indagine epidemiologica che ISDE ha lanciato online e si iscrivano e rispondano alle semplici domande dei due questionari. CI si impiega meno di dieci minuti.