Cina: emergenza veleni nelle falde acquifere
Cina: emergenza veleni nelle falde acquifere
Trecento milioni di cinesi bevono acqua inquinata. Da arsenico come da fluoro. E il 20% di quella definita «potabile» non è a norma. Soprattutto nell’Henan.
Nella Cina del 2014 circa due terzi delle falde acquifere e un terzo delle acque di superficie non erano adatte al contatto con gli esseri umani.
È questo il risultato pubblicato dal ministero cinese per la Protezione ambientale. La qualità dell’acqua è misurata con un numero da uno a sei. Se è pari o inferiore a tre è adatta all’utilizzo da parte dell’uomo.
E solo il 4% delle acque di superficie monitorate nello studio raggiunge lo standard più elevato.
ARSENICO LETALE. Il primo caso di intossicazione da arsenico venne identificato in Cina nel 1970 e già nel 1994 le autorità di Pechino la definirono una delle «più importanti malattie endemiche» del Paese: oggi alti livelli di arsenico nell’acqua mettono a rischio la salute di 600 mila cinesi.
CONTAMINAZIONI DA FLUORO. Non solo. Ventuno milioni di persone subiscono gli effetti dell’esposizione a un livello di fluoro troppo alto. Un fenomeno che alla fine del 2013 coinvolgeva oltre 1.000 contee. Secondo Gao Yanhui, esperto presso il Centro Nazionale per il Controllo delle Malattie Endemiche, 87 milioni di persone sono a rischio di malattie causate dall’eccessiva esposizione a questo tipo di agenti.
Tra tutte la fluorosi scheletrica, una condizione causata dall’iperassunzione del minerale che colpisce le ossa e le articolazioni e che può portare nei casi più gravi alla paralisi.
LA PIAGA DELL’HENAN. Problematiche che si riscontrano soprattutto nelle piane del Nord con un picco nella sfortunata regione centrale dell’Henan, la culla della civiltà cinese.
Quello che preoccupa il Centro è che le percentuali sono molto simili a quelle di una decina di anni fa nonostante il governo centrale abbia già speso miliardi per migliorare l’acqua potabile delle aree rurali.
Trecento milioni di cinesi bevono acqua inquinata
La prova sono le analisi condotte dall’Istituto cinese per le risorse idriche nel 2013: il 55% dei villaggi monitorati presentano acque inquinate. L’acqua di falda è la sola potabile disponibile per il 60% della popolazione cinese.
IL 20% DELLE ACQUE POTABILI NON È NORMA. Ne deriva che oltre 300 milioni di cinesi non hanno accesso all’acqua non inquinata e molti di questi la bevono nonostante non sia stata trattata. E anche per quanto riguarda l’acqua potabile in Cina non si può star sicuri.
Lo stesso studio indicava che almeno il 20% dell’acqua definita potabile non soddisfa in realtà gli standard internazionali. Ed è preoccupante che alcune falde sono inquinate anche se si trovano a 100 metri di profondità nel terreno.
Lo studio ha dimostrato come, nel corso degli anni, l’accumulo di sostanze tossiche nel suolo abbia fatto schizzare in alto la percentuale dei tumori tra la popolazione locale. Un altro studio del 2006 denunciava che il 90% delle falde in prossimità delle metropoli è inquinato come anche il 70% dei fiumi e dei laghi.
IL GOVERNO SI MUOVE. Il 16 aprile scorso il governo ha presentato un piano che prevede che il 70% delle acque di superficie torni a essere in buone condizioni entro il 2020.
Fonti vicine al governo hanno rivelato al settimanale Caixin che ci sono voluti due anni per arrivare a questo punto e che il piano ha subito almeno 30 revisioni. Secondo lo schema diffuso dal governo bisognerà comunque aspettare il 2050 perché la situazione delle acque veda un miglioramento apprezzabile su tutto il territorio nazionale.
Nel frattempo, entro il 2020, il 93% dell’acqua potabile delle città dovrà essere pari o migliore del livello tre, mentre le falde acquifere e le acque litoranee dovranno migliorare sensibilmente.
Nella pratica però sono indicati pochi strumenti. Entro il 2015 i governi locali dovranno censire le acque «nere e maleodoranti» e programmare i tempi per risolvere i problemi ambientali. Come? Intanto risalendo alle fonti di inquinamento, smaltendo meglio i rifiuti e ripristinando un «ambiente favorevole».
PICCOLE INDUSTRIE NEL MIRINO. Le piccole industrie fortemente inquinanti come le cartiere e quelle che producono fertilizzanti e pesticidi dovranno chiudere entro il 2016 e dal 2018 ogni città dovrà pubblicare i dati sullo stato dell’acqua potabile.
All’inizio di quest’anno un tribunale della regione del Jiangsu ha multato per un totale di 160 milioni di renminbi (oltre 21 milioni di euro) sei imprese accusate di avere inquinato due fiumi.
Vi avevano scaricato circa 25 mila tonnellate di rifiuti chimici e si sono beccate quella che secondo l’agenzia di Stato, Xinhua, è stata la multa più alta mai inflitta a inquinatori cinesi.
Quattordici persone giudicate dirette responsabili del reato sono state condannate a pene comprese tra i due e i cinque anni, a loro volta corredate da multe. Una sentenza esemplare, che forse ha finalmente segnato il giro di boa della lotta cinese all’inquinamento.